Questa data ricorda il 3 marzo del 1973 in cui venne sottoscritta la Cites, la Convenzione di Washington sul commercio internazionale di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione. Sono passati molti anni da allora e si misura una perdita del 73% delle popolazioni animali. Secondo il World Wildlife Crime Report 2024 dell’ufficio ONU per la droga e il crimine (UNODC), il commercio illegale di fauna e flora selvatica rimane diffuso, coinvolgendo oltre 4.000 specie in 162 paesi. Nel complesso, i crimini contro la natura rappresentano il terzo settore criminale a livello mondiale, generando un movimento stimato tra i 110 e i 280 miliardi di dollari all’anno. In Italia le specie sotto osservazione per ridurne il loro numero, viste le proteste del mondo agropastorale e sono i lupi. Si è arrivati a pensare al compromesso fra le reciproche convivenze tra umani e selvatici: i mascherati “prelievi” che si traducono in abbattimenti di intere famiglie di lupi, come è già accaduto nei paesi europei. Sfugge però ai tanti scienziati, etologi e parlatori che il lupo è un bio-regolatore, che tiene sotto controllo gli habitat con la caccia a specie come cinghiali, nutrie, topi e tutto ciò che vive, come le mandrie ovine e bovine, che occupano in eccesso l’ambiente naturale. Si ritorna alla caccia al lupo là dove viene considerato in esubero! Ma chi lo stabilisce questo limite? Forse è d’uopo una riflessione: se non ci fosse l’allevamento di animali da reddito non ci sarebbero le lamentele degli allevatori che protestano per la perdita di qualche pecora incustodita! Si vivrebbe sicuramente tutti più sereni! Lunga vita ai lupi!
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